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Italian Gotcha Tour 2009

Onde sporche scossero impetuosamente i fondali e la costa di Capo Mannu. Fransero per tutto il giorno e la notte, sostenute da un vento teso e isterico della prima vera perturbazione autunnale.  Alle prime ore di luce nel mattino seguente, il suono della risacca era cupo e costante, a tratti delicatamente scansato verso il mare. La brezza da terra, portava  le note dell’ attraente melodia di una giornata di onde perfette.
Le masse d’acqua blu intenso, srotolavano sicure e silenziose sino al frangersi sull’arenaria impotente, sagomata da migliaia di anni dalla paziente lavoro del vento e della irrompente forza del mare. Surfisti arrivarono da tutta la Sardegna e dall’Italia.

immagini 2010 Glenn Hall Capo Mannu - Sardegna ITALY - surfershabitat.com Copyright©

Nonostante fosse un mercoledì qualsiasi di ottobre, come se le previsioni avessero segnato un appuntamento per la quale ogni altro impegno poteva essere cancellato e a cui non si voleva assolutamente mancare. Risalendo i sentieri che dalle aree di sosta portavano agli spot, si incrociavano gruppi di amici che commentavano, pacatamente e rispettosamente, lo spettacolo che offriva il mare. Percorrevano i sentieri evitando le buche rilassatamente, in ordine sparso ma composto, quasi tutti sovrappensiero, con l’atteggiamento assorto di chi è appena uscito da un luogo sacro che ha scosso l’anima, silenziosi e consapevoli dell’energia che “Sa Mesa Longa” infondeva in quella tiepida mattinata. I visi di chi scendeva il sentiero, con ancora la muta indosso e che aveva approfittato delle prime luci del mattino per godere dell’energia delle onde, erano distesi, illuminati dal riassunto mentale delle onde prese sino a qualche minuto prima, stanchi ma appagati dalla sessione appena affrontata. In netto contrasto, la rassegnazione di chi avrebbe voluto, ma non supportato dal proprio bagaglio tecnico, si vide costretto a rinunciare a quella che sarebbe stata una cavalcata memorabile.

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Christian Wach Capo Mannu - Sardegna ITALY - surfershabitat.com Copyright©

Christian, Marco e  Giovanni, si prepararono e entrarono senza indugi. Christian si dava da fare con la sua 5,0 su partenze mozzafiato, con consapevole selezione delle onde e sfoggiando lo stile californiano che è ben geneticamente radicato in lui. Molti dei presenti hanno dato il meglio, non intralciandosi tra di loro e rimanendo abbastanza compatti sul picco in attesa del set, come un branco di qualche specie da proteggere che svolgeva le proprie attività quotidiane. Dopo qualche ora di onde scolpite dalla brezza da terra la decisione è stata di far provare a Christian una delle onde più spinte della costa della penisola: Sa Tonnara.

n modo quasi surreale, le onde invadevano la baia di “Su Pallosu”con set di onde alte, profonde e veloci, baciate da un sole che le faceva brillare mentre si avvicinavano alla costa e che le dava un colore intenso da mare aperto, contrastato dal candore della schiuma, seguita da un rassicurante e caldo colore degli strati di depositi di sabbia fossilizzata, scavalcando rumorosamente gli strati tenebrosi della roccia vulcanica appuntita e tagliente, come lame forgiate da madre natura, quasi per scoraggiare chi volesse goderne in prima persona, immerso in quello spettacolo naturale. In lontananza a sinistra, su una roccia nera che neanche il mare aveva intaccato,un pescatore che approfittava della risacca alta e bianca intento a catturare qualche preda da esibire e magari condividere con gli amici. Distogliendo lo sguardo dall’esca, si voltava incuriosito, forse preoccupato dalle intenzioni dei tre ragazzi che si preparavano ad  un bagno impegnativo.Christian aprì la sessione, facendo  sussultare me, Alessandro e il cameramen, con una destra ripida e violenta sino all’inside minaccioso. Scivolò sulla parete liscia e ripida in hang-ten sin dalla partenza, gestendo in modo sicuro la forza centrifuga che la massa d’acqua furiosa, generava esplodendo dietro di lui. Giovanni seguì a ruota con un partenzone da paura, sicuro delle sue azioni, forse per l’inconsapevolezza di chi non conosceva quali pericoli nascondeva il fondale in caso di leggerezza. Fu una sessione alla quale assistemmo in pochi, apprezzammo la qualità dei set veloci e perfetti, felici, finalmente, per la prima volta, lo spot di Sa Tonnara venne sfruttato appieno dal surf spettacolare di Christian che si esibiva in elicopter in sezioni ripidissime della violenta onda sarda.Passarono cinque o sei giorni prima che il mare si calmasse. Le spiagge portavano ancora i segni della violenta perturbazione che investì la Sardegna. Il ritorno del team Gotcha, la settimana seguente, fu arricchito da altri tre surfers professionisti, anch’essi increduli e impressionati dalle onde fotografate durante la prima sessione di Christian, Marco e Giovanni, mostrando loro la reale potenzialità delle onde sarde.

Glenn Hall, strabiliante australiano, originario di Umina, a nord di Sidney, partecipava sotto la nazionalità irlandese al Circuito Europeo ASP, con l’intento di portare in alto la bandiera irlandese nella classifica europea e mondiale. Si giocava giusto in quei mesi l’ingresso nella Top 44.Christian, Marco e Giovanni, mostrando loro la reale potenzialità delle onde sarde. Glenn Hall, strabiliante australiano, originario di Umina, a nord di Sidney, partecipava sotto la nazionalità irlandese al Circuito Europeo ASP, con l’intento di portare in alto la bandiera irlandese nella classifica europea e mondiale. Si giocava giusto in quei mesi l’ingresso nella Top 44.Un altro noto australiano Richard Marsh, frizzante e coinvolgente personaggio, trasferito da due anni nella costa basca francese, noto per il suo impavido big wave riding e si portò con se anche il jet ski per dare qualche strappo al team su qualche bomba sarda. Con loro, due ragazzi inglesi. Prima volta in Sardegna, l’occasione per realizzare un servizio per Wave Land, rivista britannica di cui Benn Sel Way è attivo collaboratore come giornalista-fotografo, da lui scelta come unica rivista per cui lavorare. Con lui Joss Ash, 27enne marchiato Volcom, dal talento aereo che ha stupito tutti durante le sessioni nostrane, con air spettacolari che lasciarono tutti sorpresi. Anche il loro arrivo fu premiato dal Dio Nettuno con l’ennesimo ingresso di mare da nord-ovest e la classica prima giornata ventosa ed impraticabile. Si leggeva una preoccupata impazienza nei loro visi, mentre in macchina si cercava uno baia  riparata dal vento, anche se dentro di noi già sapevamo in quel momento si sarebbe dovuto andare dall’altro lato del’isola per poterli accontentare. Si decise di attendere speranzosi il pomeriggio. Fu il Mini Capo, nel classico momento d’evoluzione delle condizioni di metà giornata ad esibire le onde migliori. Le serie, al limite della misura per lo spot di Mandriola, erano frenate da un dal maestrale ancora troppo forte. Le raffiche legavano la terra delle strade polverose all’acqua salata e il sole illuminava la costa  a momenti nascondendosi dietro qualche nuvola carica di pioggia. Dopo qualche ora di onde leggermente scomposte, il vento si placcò improvvisamente.

L’intenso giallo arenaria, sotto il sole del pomeriggio che con quotidiano rituale illuminava la costa, attraversando con la sua intensa luce le masse d’acqua ripide e cristalline, compose la situazione perfetta, per forse, la sessione più intensa che il “Mini Capo” abbia mai supportato. Gli amici-colleghi si avvicendavano sulle sinistre e destre del Mini, dando esibizione dell’eleganza e dello stile sicuro che a momenti sfidava le leggi di gravità e la fisica stessa.Uscirono tutti impressionati dalla qualità delle onde e dal colore Hawaiiano del mare, come entusiasticamente lo definirono. L’unico ad uscire leggermente rattristato per la rottura della tavola, che dovette sopportare continui atterraggi di ogni genere, dopo air  di 180°, fu Joss.  Non credeva ai suoi occhi per aver rotto una tavola che si portava appresso da tre anni e che era sopravissuta indenne a tanti epici momenti. Solo il coinvolgente sorriso dei passanti e spettatori, che lo vedevano volare in continuazione, un onda dopo l’altra ed il supporto morale sghignazzante di Christian, gli strapparono un sorriso. Ci fu spazio per una sessione durante il sunset per Joss e Glenn, mentre con Alessandro Dini, Benn, Richards e Christian, ci radunammo per continuare ad apprezzare quelle ultime ore magiche sorseggiando un ottimo vino rosso, con bicchieri improvvisati, in attesa del calare della sera. Come tutti si aspettavano, il mattino seguente il mare ruggiva impaziente prima del sorgere del sole, ansioso di infondere gioie e dolori ai surfisti locali

Christian Wach Capo Mannu - Sardegna ITALY - surfershabitat.com Copyright©

Dopo aver messo la moto in acqua e aver aggirato le secche impervie di Su Pallosu e di Sa Tonnara, fu Sa Mesa Longa lo spot scelto per testare in quella mattinata il team. Decisero di dedicarsi ad un onda, che praticamete vergine, non aveva surfato mai nessuno. Si trovava giusto alla sinistra del picco centrale e l’abbiamo vista franger per anni durante le nostre attese e surfate a “Sa Mesa”. Le onde raggiungevano la costa in maniera leggermente scomposta a causa della brezza di mare e del mare incrociato da libeccio. E i“matti” si fermarono li per tutta la giornata. Christian e Alessandro, in segiuto all’arrivo del vento dal mare, decisero di spostarsi a Capo Mannu per una sessione di loangboard, considerata la non più perfetta condizione di Sa Mesa e le notizie che portavano i surfers dagli altri spot. Il classico stile californiano di Christian stupì ancora i numerosi surfisti sardi e non, che erano li a godere dell’imponenza di uno spot come il Capo in assenza di vento.

Christian partiva lontano. Si poteva riconoscere a malapena tra un’onda e l’altra la sua remata sicura e i take off che si distinguevano tra decine di surfisti che gremivano la baia del Capo.
Le onde erano lucide, brillanti ed intense in quel momento. Il sole poteva riscaldare la pelle grazie al riparo che le rocce offrivano. Tutti approfittavano di quelle ore in cui la simbiosi tra mare, sole mentre delle veloci nuvole passavano sulle nostre teste, minacciando con qualche goccia la pioggia. In lontananza le nuvole basse, si addensavano sul’interno dell’isola, mentre i monti si distinguevano a malapena dietro una così densa coltre grigia e minacciosa.
La sessione fu illuminante per tutti. Abbandonando lo spot per la stanchezza, tutti si fermavano ad aspettare i compagni che in quella giornata condivisero l’ intensa energia che il mare infondeva.  Qualcuno rimaneva a lungo, una volta raggiunta la riva e poggiati i piedi sui grossi ciottoli bianchi dell’insenatura, tra rocce nere, per contemplare ancora qualche minuto lo spettacolo che ancora una volta, il misterioso mare di Sardegna offriva.
Raggiungendo le macchine, ci radunammo uno alla volta, come un puzzle che, pezzo su pezzo, si componeva lentamente lungo le stradine che costeggiano lo spot. Era il tono della voce, più che le poche ispirate parole, ad esprimere quanto ed in che modo quelle ore siano state intense. Percorrendo quei sentieri che portavano ai parcheggi era difficile non fermarsi a contemplare ancora gli imponenti set che sembrava non volessero finire mai. Le macchine continuavano ad arrivare anche a sera inoltrata, come se, in quella domenica, il frangere delle onde e l’ormai tiepido sole, richiamassero in modo subliminale alla raccolta sulla costa di Capo Mannu.

La notte era silenziosa quella domenica. L’assenza del vento ed il sempre più tenue suono della risacca lontana, faceva presagire che l’indomani si sarebbe dovuto percorrere molta strada per trovare qualche buona onda.
Il mattino i telefoni squillavano per consultare chi era già negli spot prima che il sole sorgesse, in un rincorrersi di notizie ed informazioni da tutta l’isola. Si decide per uno spostamento più a sud in speranza di trovare l’habitat ideale per quell’ultimo giorno tutti insieme.
Gli umori decrescenti come la misura delle onde, baia dopo baia,  toccarono il fondo quando, scesi dalle macchine per consultarci, dovemmo richiamare all’ordine l’impaziente entusiasmo di un bambino   riluttante all’idea di rientrare in macchina 
Talentuoso e con già una buona lista di surf trip alle spalle. Leo Fioravanti Solo fuori dall’acqua dimostrava la reale età. Lo vidi qualche giorno prima, mentre un una telecamera lo seguiva per qualche video promozionale. Aveva un atteggiamento serio e concentrato che neanche io, forse, ho quando lavoro. Un ragazzo, suppongo il team menager , gli parlava in continuazione, dicendogli dove andare, quando aspettare e neanche durante la sessione di surf si dispensava da impartire direttive e consigli.

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Quel lunedì mattina i visi dei ragazzi erano tesi. Forse si aspettavano che il mare elargisse ancora emozioni forti con onde alla loro altezza. Ogni baia era una delusione, ogni onda era troppo piccola per poter decidere di entrare per un bagno.
La strada polverosa e tortuosa serpeggiava sulle colline, mentre a tratti le alte dune di sabbia ci nascondevano il mare., la vegetazione si faceva più rada mentre continuavamo a guidare per raggiungere la nostra ultima possibilità della giornata. Pensavamo che la maggior parte di loro avrebbe dovuto prendere un aereo da li a qualche ora, per continuare la propria carriera tra competizioni e altri magici spot in giro per il mondo.Solo il coinvolgente e giovane entusiasmo di Leo e il noncurante delle dimensioni Christian, decisero che quella lunga spiaggia sarebbe stato lo spot per l’ultima sessione tutti assieme. Tornarono verso le macchine entusiasti, Leo correva come un cane alla quale avessero appena tolto il guinzaglio, dirigendosi verso la macchina di Alessandro, per cambiarsi velocemente e entrare a godere delle perfette, per quanto piccole, onde verde smeraldo che frangevano veloci e tubanti sulla riva. La sabbia era immacolata. Nessuna traccia del passaggio di nessun essere vivente dopo la notte in cui le onde attraversavano le dune che formavano, forse e a mio parere, una delle più affascinanti spiagge della Sardegna. La sensazione era quella di essere lontani dalla civiltà e forse mentalmente, una volta tolte le scarpe e immersi i piedi nella soffice sabbia, o nella limpida acqua, lo eravamo realmente, allontanandoci di chilometri ad ogni respiro con cui riempivamo i polmoni di quel profumo selvaggio. Non una traccia di persone, oltre a noi, nel raggio di chilometri. La spiaggia stesa per mano di Dio a perdita d’occhio e qualche rudere di ricovero, che assisteva da centinaia di anni a quello spettacolo quotidiano, offuscato dalla vaporizzazione dell’acqua salata, delle interminabili schiume bianche che separavano il colore della sabbia dall’acqua cristallina.

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Solo il coinvolgente e giovane entusiasmo di Leo e il noncurante delle dimensioni Christian, decisero che quella lunga spiaggia sarebbe stato lo spot per l’ultima sessione tutti assieme. Tornarono verso le macchine entusiasti, Leo correva come un cane alla quale avessero appena tolto il guinzaglio, dirigendosi verso la macchina di Alessandro, per cambiarsi velocemente e entrare a godere delle perfette, per quanto piccole, onde verde smeraldo che frangevano veloci e tubanti sulla riva. La sabbia era immacolata. Nessuna traccia del passaggio di nessun essere vivente dopo la notte in cui le onde attraversavano le dune che formavano, forse e a mio parere, una delle più affascinanti spiagge della Sardegna. La sensazione era quella di essere lontani dalla civiltà e forse mentalmente, una volta tolte le scarpe e immersi i piedi nella soffice sabbia, o nella limpida acqua, lo eravamo realmente, allontanandoci di chilometri ad ogni respiro con cui riempivamo i polmoni di quel profumo selvaggio. Non una traccia di persone, oltre a noi, nel raggio di chilometri. La spiaggia stesa per mano di Dio a perdita d’occhio e qualche rudere di ricovero, che assisteva da centinaia di anni a quello spettacolo quotidiano, offuscato dalla vaporizzazione dell’acqua salata, delle interminabili schiume bianche che separavano il colore della sabbia dall’acqua cristallina.
Gli altri ragazzi rimasero alle macchine a discutere sul da farsi,  mentre Leo e Christian avevano già le mute indosso ed entrarono in mare. Benn si faceva rapire fotograficamente, lontano da noi, da quelle immagini di primordiale splendore. Dopo qualche onda di perfetta simbiosi di Christian e Leo con le onde che srotolavano a momenti incerte, cedette anche Joss e a seguire Glenn che ritrovò il sorriso forse grazie anche al fascino del contesto, mentre un calmo Richad, carico di tavola e mute, contemplando affascinato, si avvicinava a noi. “E’ un posto antico” ci disse, “si avverte la lontananza dalla civiltà e l’età di queste montagne di sabbia”.  Rimanemmo a pensare e a fantasticare sulle qualità delle onde in quello splendido posto durante la ultima mareggiata per qualche minuto, prima che anche lui, dopo una corsetta sulla spiaggia si buttò a godere della mattinata in acqua con gli altri. Quando il mare perse la sua forza e le onde non più frequenti, smisero di regalare i piccoli ma perfetti tubi, iniziarono ad uscire dall’acqua, lentamente, aspettandosi l’un l’altro, mentre solo Marco decise di rimanere in mare, non ancora soddisfatto della sessione. Fu in quel momento che mi resi conto di trovarmi davanti allo scambio tra generazioni di surfers, mentre un Richard “Dog “ Marsh camminava al fianco di un giovane Leo Fioravanti che con tutta probabilità avrà davanti a se un talentuoso futuro nel surf. sembrava avvertire l’importanza e la “magia”del momento nonostante la sua giovane età, uscendo dal mare che continuava a calmarsi dietro di loro.

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